martedì 1 maggio 2012

The Artist



The Artist (Francia 2011, 100’)

Regia: Michel Hazanavicius
Genere:drammatico, commedia,romantico
Interpreti:Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell

Siamo ad Hollywood, nel 1927 e la Silent Era del cinema muto sta vivendo le vette più alte finora mai raggiunte. L’astro più fulgido è Gorge Valentin (Dujardin). Alla prima di un suo nuovo lungometraggio, l’attore viene paparazzato al fianco di una sua bellissima ammiratrice, la giovane ed ambiziosa Peppy Miller (Bejo), sbarcata in California con un sogno nel cassetto: quello di diventare una star degl grande schermo.
Sul set di una nuova produzione il mattatore Valentin incontra nuovamente Peppy, che girerà al suo fianco in qualità di comparsa. Fra i due protagonisti si instaurerà un rapporto platonico fatto di sguardi e complicità che non andrà mai oltre.La svolta della vicenda avviene quando nel 1929 il produttore Al Zimmer (Goodman) finanzia il progetto di un film sonoro e Valentin si rifiuta di prendervi parte. L’opera sarà un successo mondiale e la figura di Valentin verrà posta da parte in un cantuccio del dimenticatoio portandolo alla rovina sia finanziara per via della Grande Depressione, sia psichica per via della perdita di notorietà. Nel frattempo la parabola di Peppy Miller è in piena ascesa:nascerà l’amore?

Il film è interamente girato a colori e reso in bianco e nero grazie alla tecnologia digitale di oggi, e la velocità di proiezione è più bassa rispetto ai normali film a cui siamo abituati proprio per dare un aspetto più simile alle pellicole dell’epoca. La recitazione, per via dell’assenza di sonoro, risente necessariamente della mancanza della parola e ritorna quindi a quello stato primordiale che era lo slapstick, smorfie accentuate che spesso avevano più valenza comica che drammatica, ecco perché quasi tutti i film muti erano commedie. Si deve rendere atto della dote espressiva dei due protagonisti, perfettamente a loro agio nel cimentarsi in questo metodo recitativo ormai desueto.

Stupisce e fa piacere rivedere dopo molto tempo sugli schermi, l’imponente presenza di John Goodman, da sempre considerato dottissimo attore.
Non è la prima volta che si assiste ad un omaggio del cinema moderno alla Silent Era; predecessori di Hazanavicius  sono stati infatti Jacques Tati nel 1953 con Le vacanze di Monsieur Hulot e Mel Brooks nel 1976 con Silent Movie.
L’idea non è originale, la trama spenta e scontata; l’unica nota positiva che ne emerge è la recitazione,anche se nonè poco non è certamente tutto.

Stelle ( da 1 a 4 ) : 2 e 1/2 

Hugo




Hugo (USA, 2011 127’)

Regia:Martin Scorsese
Genere:avventura, fantasy
Interpreti:Asa Butterfield, Chloë Moretz, Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen, Jude Law

Hugo Cabret (Butterfield) è un piccolo orfano che vive negli stretti ed intricati cunicoli della stazione di Montparnasse a Parigi durante gli anni Trenta di quel magnifico secolo che è stato il Novecento.
Prima della morte del padre (Law), Hugo viveva insieme a lui nella bottega dove con grande passione apprendeva l’arte dell’orologeria e la conoscenza degli intricati meccanismi che muovono le macchine più affascinanti che l’uomo abbia mai concepito: gli orologi. Adesso invece Hugo per sopravvivere fa le veci dello zio alcolizzato facendo la manutenzione degli orologi della stazione dei treni all’insaputa del severissimo gendarme Gustav (Baron Cohen).
L’unico lascito del padre è un piccolo automa in grado di scrivere, ma che ha bisogno di una chiave per potersi animare, sarà la ricerca di questo pezzo mancante che lo porterà a fare la conoscenza della fantasiosa compagna d’avventure Isabelle (Moretz) e l’enigmatica e geniale figura di Georges Méliès.
La trama è ben concepita e si articola con semplicità, gli eventi si susseguono senza mai stancare ed i flash-back, di fondamentale importanza in questa storia, appaiono forse più incantevoli del racconto. 


Il tema trattato è a dir poco fantastico: niente meno che la nascita del Cinema.
Scorsese nell’affrontare l’argomento ci rende partecipi del suo punto di vista, onestamente molto condivisibile, ossia che esistono due fasi fondamentali nella nascita della cinematografia.
La prima è lagata ad una concezione di cinema inteso come cinesi-movimento in grado di generare visioni ed emozioni meravigliose nel pubblico in quanto pura azione (innaffiatoi e locomotive), in sintesi il proto-cinema dei Lumière che irruppe per la prima volta il 28 Ottobre 1895 al Grand Cafè del Capucines di Parigi con l’intento di destare nello spettatore la semplice sensazione del vero.
La seconda, e certamente la più affascinante, è quella dello sviluppo artistico del cinema, che si evolve da semplice tecnica di immagine in movimento verso un livello superiore di comunicazione divenendo Arte.
Il regista culla lo spettatore nel passato di Georges Méliès, generando stupore per l’immaginazione di cui era dotato certamente mutuata dal suo passato di prestigiatore ed illusionista. Perché il cinema non è altro che una sognante ed artistica illusione.
Francamente non si riesce a comprendere per quale ragione quest’anno l’Academy abbia voluto premiare soltanto in parte l’opera di Scorsese conferendogli l’Oscar per le categorie tecniche tralasciando anche la sceneggiatura.
Misteri del Cinema.


Stelle ( da 1 a 4 ) : 3 e 1/2 

sabato 10 marzo 2012

Quasi amici - Intouchables





Quasi amici - Intouchables ( Francia 2011 113 ' )

Regia: Olivier Nakache, Eric Toledano
Genere: commedia drammatica
Intepreti: François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Audrey Fleurot

Philippe Pozzo di Borgo (Cluzet) è un uomo parigino molto colto e ricco, che ha avuto nella sua vita la triste vicissitudine di perdere la sua amata per un male incurabile e di rimanere tetraplegico dopo un incidente sul parapendio. Inevitabilmente la rotuine di Philippe scorre sul filo della tristezza e della sopravvivenza, col suo vivissimo intelletto confinato nella sua mente e circondato da una miriade di assistenti che lo supportano. Driss (Sy) è un ragazzo di colore di origini senegalesi che vive nella banlieue e cerca di sfangare la giornata con il sussidio di disoccupazione.
Il caso vuole che l'ufficio di collocamento faccia incontrate questi due mondi antipodici e faccia nascere fra i due protagonisti un'improbabile quanto bella ed autentica amicizia.
I modi di fare maleducati, carnali e villani di Driss irrompono fragorosamente nella monotona routine di Philippe, riportando nella vita del miliardario il sorriso e la gioia di godersi la vita.
La crescita e la maturazione interesserà entrambi i personaggi, anche Driss infatti si responsabilizzerà e cercherà di porre rimedio ad alcune situazioni difficili che vive in famiglia.
Inquadrare questo film è davvero un compito molto arduo, ma certamente la definizione è commedia drammatica, e questo rispecchia le due anime opposte dei protagonisti: il dramma di Philippe e la passionale giovialità di Driss: il risultato è praticamente perfetto.
Si ride di cuore durante tutto il film, i dialoghi e gli scambi di battute sono semplicemente scoppiettanti, facendo scorrere il tempo in maniera allegra e spensierata. I temi della vita, della morte e della rinascita interiore di Philippe vengono affrontati in maniera delicata, mai pesante ed invasiva, apparendoci come pura poesia immensamente adagiata sull'emozionante colonna sonora ad opera di Ludovico Einaudi.
La storia che viene narrata è incredibilmente vera, come i suoi personaggi ed il film è tratto dal romanzo autobiografico scritto da Philippe Pozzo di Borgo dal titolo " Il Diavolo Custode ", con ovvio riferimento al positivo personaggio di Driss.
La pellicola desta nello spettatore emozioni molto intense con grande spontaneità e riesce a coinvolgere l'animo di chi vi assiste a tutto campo grazie ad una sceneggiatura che riesce efficacemente ad alternare momenti di grande ilarità ad attimi di profonda intensità.
La bellezza dell'opera rende giustizia al fatto che questo film dopo sole due settimane di proiezione sia diventato il secondo più visto di sempre in Francia dopo il successo di Giù al Nord.
Si ride fino a piangere.
Assolutamente imperdibile.

Stelle (da 1 a 4) = 3 e 1/2

In time



In time ( USA 2011 , 115 ' )

Genere:thriller
Regia:Andrew Niccol
Interpreti: Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Johnny Galecky, Cillian Murpy

Alla fine del 21esimo secolo, le persone sono geneticamente programmate per vivere soltanto fino a venticinque anni, poi, pur non invecchiando più fisicamente, per continuare a vivere devono acquistare tempo. Il tempo è diventato la valuta con cui la gente viene pagata per il proprio lavoro, ed è il mezzo di pagamento per le necessità ed i lussi. I ricchi possono vivere per sempre, mentre gli altri crepano schiacciati dall'inflazione visto che ormai un caffè costa 4 minuti e l'autobus per tornare a casa dal lavoro ti chiede un'ora e mezza di vita. Il protagonista del film, Will Salas (Timberlake), vive nella zona 12, la zona più povera, chiamata "il ghetto", con la mammina tutt'altro che cinquantenne. In questa zona le persone vivono alla giornata e ciascuno ha infatti un proprio angosciantissimo timer visibile sul braccio, di colore verde fosforescente, in cui il tempo scorre in un inesorabile conto alla rovescia.
Mamma muore di povertà e Will riceve un cospicuo lascito di tempo da uno sconosciuto: sarà l'inizio di una vendetta contro il sistema.
Thriller che decolla a tratti, con punte di grande suspance frammiste a soporiferi dialoghi che per ovvie ragioni gli attori bellocci e patinati non sono in grado di affrontare.
L'idea di fondo piace ed interessa, e supporta il classico film d'azione americano dove i buoni vincono e fanno trascorrere allo spettatore due ore veloci in balia di un perenne conto alla rovescia.
Onesto.


Stelle (da 1 a 4) = 2
  

A.C.A.B. - All Cops Are Bastards



A.C.A.B. - All Cops Are Bastards ( Italia/Francia 2012 112 ' )

Regia: Stefano Sollima
Genere: drammatico
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Marco Giallini, Domenico Diele

Roma, maledettamente oggi. In un reparto della celere lavorano Cobra (Favino), Negro (Nigro) e Mazinga (Giallini) compongono un piccolo nucleo dell'enorme schieramento antisommossa della Polizia di Stato.
Le realtà che affrontano sono difficili e violente in strada quanto nella loro vita privata: Cobra è solo e subisce un processo per percosse ed abuso di potere; Negro ha una moglie cubana che dopo averlo usato per il permesso di soggiorno vuole anche sottrargli la figlia; Mazinga è un padre assente in lotta con il figlio skinhead, che per ovvie ragioni di appertenza al movimento odia tutto ciò che è polizia.
Un giorno arriva alla celere la recluta Spina (Diele), col quale lo spettatore vive tutte le tappe di maturazione di un agente antisommossa: incontro traumatico con le botte, odio e sputi, dolce tentazione di polizia parallela, senso del dovere.
Sollima si avventura per la prima volta sul grande schermo dopo aver egregiamente diretto la serie TV Romanzo Criminale, l'impronta c'è e si vede. Immagini dirette ed efficaci come le manganellate che sferzano i protagonisti; dialoghi scarni e cattivi, supportati da una location assolutamente perfetta per ospitare il violento linguaggio corporeo e facciale della strada. Il regista ci offre una Roma diversa dal solito stereotipo patinato al quale negli anni siamo stati abituati negli anni: un marcio ventre di vacca che fagocita tutto e tutti, non più colossei e piazze del popolo, ma tor belle monache e corviali fatti di palazzi talmente grandi che picchiano sullo schermo anche solo a vederli.
Favino, Nigro e Giallini viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda di Sollima ed interpretano al meglio il ruolo dettato dalla trama ( ma anche un Mastandrea ci sarebbe stato tutto ).
Colpisce positivamente anche l'interpretazione di Domenico Diele, la Spina, la cui battuta contro il solito politicante vale da sola il prezzo del biglietto: disprezzo allo stato puro, reso benissimo dall'attore.
Il messaggio della pellicola è particolarmente complesso e contraddittorio, non per demeriti della sceneggiatura e della regia bensì per la stessa natura della realtà che viene affrontata.
I celerini sono odiati da tutti: skinheads, immigrati, italiani esasperati dagli immigrati; inoltre sono odiati perchè svolgono il lavoro di braccio violento della politica ormai non più in grado di garantire il benessere se non per se stessa. Il dissidio dei protagonisti emerge efficacemente dalla violenza delle immagini e dei dialoghi.
Un'occasione per poter riflettere, da cogliere al volo.

Stelle (da 1 a 4): 2 e 1/2

martedì 6 marzo 2012

Benvenuti al Nord




Benvenuti al Nord (Italia 2012, 110 ’ )

Regia: Luca Miniero
Genere: commedia
Interpreti: Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, Paolo Rossi

Ci risiamo. Riecco M
attia (Siani), impiegato delle Poste di Castellabbate che stavolta viene trasferito al Nord nella cupa e triste Milano, nota capitale della padania dove verà ospitato dal glabro amico Alberto (Bisio).
I due protagonisti dovranno affrontare le rispettive crisi con le proprie compagne, che li abbandoneranno per motivi diversi: la meridionale vuole che il suo pasciuto mammone si trasformi in un manager in grado di pagare il mutuo per sbolognare la famiglia dalle grinfie della Mammasantissima (Suocera Infernalis, per dirla alla Carlo Linneo); la nebbiosa polentona vuole che il suo lui ritorni a fare il padre di famiglia, a scapito della brillante carriera che gli si para innanzi.
Un amministratore delegato delle poste, un ibrido tra Marchionne e Brunetta (Rossi) sarà la molla per l’inizio delle vicende.
Non bastava copiare il soggetto di una commedia francese, non bastava il successo della prima versione italiana; c’era il bisogno atavico di mostrarci anche quali sono i luoghi comuni sulla città meneghina e i suoi allegri abitanti.
Il risultato è fantasticamente terrificante: un insulso pout purri di zafferano, nebbia, lavoro, caciocavalli, mammelle, alpini e moke giganti.
Citando il maestro Valerio Mastandrea, la cosa più bella di Milano rimane sempre il treno per Roma.
Grottesco.
 
Stelle ( da 1 a 4 ) : 0
 

venerdì 17 febbraio 2012

Mission:Impossible - Protocollo Fantasma




Mission:Impossible - Protocollo Fantasma ( USA 2011 , 132 ' )

Regia: Brad Bird
Genere:azione
Interpreti: Tom Cruise, Jeremy Renner, Simon Pegg, Paula Patton, Léa Seydoux

Quarto episodio della serie Mission Impossible. Etan Hunt fugge da una violenta e quanto mai sovraffollata prigione di Budapest e si catapulta a Mosca per l'ennesimo ingaggio che l'IMF ha il barbaro coraggio di proporgli. Un attentato sconvolge la Russia ed Etan diviene il principale sospettato dell'accaduto: il governo deli Stati Uniti non può fare altro che attivare il Protocollo Fantasma; ossia disconoscere l'esistenza dell'IMF e di tutti i sui componenti. La squadra superstite che supporta l'eterno Signor Hunt, sulla quale pesa il destino del mondo, si avvale dei servigi dell'affascinante e sanguigna agente Carter (Patton); dei muscoli del pacioccone agente Brandt in versione Clark Kent (Renner) e delle gag dell'imbranato Benji Dunn (Pegg).
Dubai, Mumbai, Vancouver, Budapest e Mosca: folle corsa adrenalica per impedire al cattivone di turno di distruggere il mondo.
Il regista è Brad Bird, e chi lo conosce apprezza il suo tocco nella pellicola. Questo bambino prodigio scoperto dalla Disney è stato sceneggiatore e regista di alcuni tra i più famosi prodotti di animazione della Pixar degli ultimi anni (Oscar con Ratatouille). Il film scorre via liscio come l'olio, ed il suo demiurgo lo plasma come un vero e proprio giocattolo che non s'inceppa mai: semplice, lineare e divertente.
Bird aggiunge alle solite sequenze ai limiti del sovrumano un tocco di comicità introdotto dagli errori dell'agente Dunn, ottimamente interpretato da Pegg.
Cruise torna in forma fisica e si diverte a girare molte delle scene al cardiopalmo cui assistiamo senza l'ausilio della controfigura mostrando grandi doti atletiche visto che quelle interpretative le ha sfoggiate per l'ultima volta in Magnolia ed in Eyes Wide Shut. Semplicemente perfetto per Mission Impossible.
Centotrentadue minuti di divertimento: godetevi lo spettacolo.

Stelle (da 1 a 4) = 2    

domenica 5 febbraio 2012

The Iron Lady


The Iron Lady (UK/Francia 2011)

Regia: Phyllida Lloyd
Genere: drammatico
Interpreti: Meryl Streep, Jim Broadbent, Olivia Colman, Antony Head, Alexandra Roach

Il film ripercorre la vita dell'ex-primo ministro britannico Margaret Thatcher (Streep), compresa l'infanzia, la sua carriera politica e i 17 giorni antecedenti alla guerra delle Falkland (avvenuta nel 1982). Il tutto è visto attraverso gli occhi della donna che, ormai ottantenne ed in preda ad un Alzheimer galoppante, vive con patetica nostalgia i momenti del suo passato, specie quelli trascorsi al fianco del marito Denis (Broadbent). Nella testa di Margaret passato e presente si fondono in maniera inestricabile, ed inevitabilmente ciò si ripercuote anche nelle menti degli spettatori. La narrazione è frammentaria e sconnessa; la cronaca è incompleta, irritante ed estremamente di parte e l'effetto che si genera è la Tathcher che appare come eroina delle Falkland, propaganda pura e di bassa lega al tempo della crisi economica, di cui la nostra metallica lady è stata una delle più importanti fondatrici.
Le scelte della sceneggiatura avrebbero potuto intraprendere strade molto più incentrate sulla cronaca e sulla ricostruzione rigorosa di fatti che ancora oggi si conoscono poco e che in effetti, non sono stati analizzati con la freddezza necessaria, considerando la loro giovane contemporaneità al nostro tempo.
Un'occasione fondamentalmente sprecata di sviluppare un soggetto promettente, un piccolo appezzamento di terreno fertile nelle lande sconfinate del cinema che ormai ha narrato di tutto e di tutti.
Nulla da eccepire sulla performance di Meryl Streep che sicuramente ha meritato la nomination all'Oscar ma che non certamente pone una seria ipoteca sulla sua attribuzione.
L'attrice riesce, nonostante una narrazione ingarbugliata e tediosa, ad emergere ed a rappresentare l'unico punto in luce di una pellicola che altrimenti sarebbe destinata ad essere una copia manieristica ed impacciata del Discorso del Re. 
C'è da augurarsi che il filone sull'apologia del Regno Unito sia stato finalmente concluso e riccamente trattato. Oppure dobbiamo temere un ciclo agiografico sulla storia di Mr.Bean e di Hamilton?
Francamente quest'anno The Iron Lady non sarà in grado di ripetere gli stessi numeri del film di Tom Hooper alla scorsa edizione degli Oscar, data anche lo scarso numero di nominations.
Dio salvi la Regina, e soprattutto noi dal colpo di sonno.
Tedioso.

Stelle ( da 1 a 4 ) : 1 e 1/2

sabato 28 gennaio 2012

Premi Oscar 2012:Istruzioni per l'uso





E' tempo di Oscar! Ed anche quest'anno siamo giunti all'evento più atteso nel mondo del cinema globalizzato, che quest'anno raggiunge la ragguardevole età di 84 anni.
Sembra incredibile, ma per annunciare ed assistere alle nominations si deve notoriamente soffrire. 
Sarà perchè in tempi di crisi come questi il richiamo all'austerità si avverte in ogni ambito, ma francamente alzarsi alle cinque e mezza antimeridiane ( ora del Pacifico! ) di un  gelido 24 Gennaio 2012 mi è sembrto onestamente eccessivo.
Alla presenza delle maggiori testate giornalistiche del globo, la giovane e talentuosa ventunenne Jennifer Lawrence  (già candidata con merito lo scorso anno a un Oscar per "Un gelido inverno" di Debra Granik).
Ad affinacarla come compagno di sventure nell'ardua levataccia mattutina, la doverosa presenza di Tom Sherak, presidente dell'Academy of Motion Picture Arts and Science (AMPAS).
I risultati ottenuti sono ampiamente in linea con le previsioni: la parte del leone la fanno "Hugo Cabret" di Martin Scorsese (11 candidature) e "The Artist" di Michael Hazanavicius (10 candidature).
Al momento, pur non conoscendo gli esiti delle premiazioni, emerge una maggior considerazione dal punto di vista della mera arte cinematografica per "The Artist" (film, regia, sceneggiatura originale e due categorie attoriali); mentre la maggior parte delle nominations di "Hugo Cabret" risiedono nelle categorie tecniche (sonoro, fotografia, montaggio, effetti speciali).
In questo mare di nominations abbastanza "telefonate", non potevano mancare le sorprese, gli outsider; ed ecco spuntate una candidatura come miglior film per "The Tree of life" di Terrence Malik, Demiàn Bichir come miglior attore per "A better life" ed infine Rooney Mara per "Millennium - Uomini che odiano le donne".
Per quanto riguarda presenze ed assenze di noi italiano alla kermesse, colpisce la mancata nomination di Terraferma di Crialese come miglior film straniero; mentre in lizza per l'Oscar, alfieri della bandiera, troviamo Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo candidati all'Oscar per la miglior scenografia in "Hugo Cabret" ed infine Enrico Casarosa per il cortometraggio animato La Luna.
Per i fan accaniti ricordiamo che La cerimonia premierà i migliori film usciti nel corso del 2011, e come sempre, negli Stati Uniti, andrà in diretta sul canale ABC.
Inizialmente l'evento doveva essere presentato dall'attore comico Eddie Murphy, ma con le dimissioni del produttore esecutivo Brett Ratner dopo diverse critiche rivolte per una frase contro gli omosessuali, anche Murphy ha rinunciato al ruolo propostogli. Subito viene fatto il nome di Billy Cristal che, con l'edizione in programma, andrà a condurre per la nona volta la Notte degli Oscar.
Beh, come al solito non resta che attendere i verdetti.... e voi avete già decretato i vostri vincitori?




Per completezza, segue la lista delle candidature per il 2012:



MIGLIOR FILM
The Artist
The Descendants
Molto Forte, incredibilmente vicino
The Help
Hugo
Midnight in Paris
Moneyball
The Tree of Life
War Horse
MIGLIOR REGIA
The Artist - Michel Hazanavicius
The Descendants - Alexander Payne
Hugo - Martin Scorsese
Midnight in Paris - Woody Allen
The Tree of Life - Terrence Malick
ATTORE PROTAGONISTA
Demián bichir - A Better Life
George Clooney - The Descendants
Jean Dujardin - The Artist
Gary Oldman - Tinker, Taylor, Soldier, Spy
Brad Pitt - Moneyball
ATTORE NON PROTAGONISTA
Kenneth Branagh - My Week with Marilyn
Jonah Hill - Moneyball
Nick Nolte - Warrior
Christopher Plummer - Beginners
Max von Sydow - Extremely Loud & Incredibly Close
ATTRICE PROTAGONISTA
Glenn Close - Albert Nobbs
Viola Davis - The Help
Rooney Mara - The Girl with the Dragon Tattoo
Meryl Streep - The Iron Lady
Michelle Williams - My Week with Marilyn
ATTRICE NON PROTAGONISTA
Bérénice Bejo - The Artist
Jessica Chastain - The Help
Melissa McCarthy - Bridesmaids
Janet McTeer - Albert Nobbs
Octavia Spencer - The Help
MIGLIOR FILM STRANIERO
Bullhead - Belgium
Footnote - Israele
In Darkness - Polonia
Monsieur Lazhar - Canada
A Separation - Iran
FILM D’ANIMAZIONE
A Cat in Paris
Chico & Rita
Kung Fu Panda 2
Il gatto con gli stivali
Rango
MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
Man or Puppet - The Muppet
Real in Rio - Rio
MIGLIORI SCENOGRAFIE
The Artist
Harry Potter and the Deathly Hallows - Part 2
Hugo
Midnight in Paris
War Horse
MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
The Descendants (Paradiso Amaro)
Hugo
The Ides of March
Moneyball (L’arte di vincere)
Tinker Tailor Soldier Spy (La talpa)
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
The Artist
Bridesmaids (Le amiche della sposa)
Margin Call
Midnight in Paris
Una seprazione
MIGLIOR FOTOGRAFIA
The Artist
The Girl with the Dragon Tattoo
Hugo
The Tree of Life
War Horse
MIGLIORI COSTUMI
Anonymous
The Artist
Hugo
Jane Eyre
W.E.
MIGLIOR MONTAGGIO
The Artist
The Descendants
The Girl with the Dragon Tattoo
Hugo
Moneyball
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO ANIMATO
Dimanche/Sunday
The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore -
La Luna
A Morning Stroll
Wild Life
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO LIVE ACTION
Pentecost
Raju
The Shore
Time Freak
Tuba Atlantic
MIGLIOR DOCUMENTARIO
Hell and Back Again
If a Tree Falls: A Story of the Earth Liberation Front
Paradise Lost 3: Purgatory
Pina -
UndefeateD
MIGLIOR CORTO DOCUMENTARIO
The Barber of Birmingham: Foot Soldier of the Civil Rights Movement
God Is the Bigger Elvis
Incident in New Baghdad
Saving Face
The Tsunami and the Cherry Blossom
MIGLIOR TRUCCO
Albert Nobbs
Harry Potter and the Deathly Hallows Part 2
The Iron Lady
MIGLIOR COLONNA SONORA
Tintin - John Williams
The Artist - Ludovic Bource
Hugo - Howard Shore
Tinker Tailor Soldier Spy - Alberto Iglesias
War Horse - John Williams
MIGLIOR MONTAGGIO SONORO
Drive
The Girl with the Dragon Tattoo
Hugo
Transformers: Dark of the Moon
War Horse
MIGLIOR SONORO
The Girl with the Dragon Tattoo
Hugo
Moneyball
Transformers: Dark of the Moon
War Horse
MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
Harry Potter and the Deathly Hallows Part 2
Hugo
Real Steel
Rise of the Planet of the Apes
Transformers: Dark of the Moon

mercoledì 25 gennaio 2012

J. Edgar


J.Edgar,  (USA 2011 , 137 ')
Regia: Clint Eastwood
Genere: drammatico
Interpreti: Leonardo DiCaprio, Armie Hammer, Naomi Watts, Josh Lucas, Lea Thompson

Il film tratta della vita di John Edgar Hoover e di come divenne il primo direttore di una delle più famose agenzie investigative del mondo: l'FBI. J.Hoover la ereditò nel 1935 quando ancora era conosciuta col nome di BOI (Bureau of Investigation); fu soltanto grazie alla sua intraprendenza di leader (spesso anche ai limiti dello spionaggio interno legale) che il Bureau riuscì ad ottenere piena giurisdizione in ambito federale in tutti gli Stati.
In quarantotto anni di direzione dell'FBI, J.Edgar (DiCaprio) ha potuto interagire con i fatti più importanti della storia contemporanea degli Stati Uniti d'America e durante il film vengono narrati i più salienti da egli stesso, ovviamente secondo la sua versione autobiografica. Puntualmente sbugiardata dal piùccheamico di sempre nella vita e nel lavoro: Clide Tolson (Hammer).
La lotta interna ai filo-comunisti durante il maccartismo; gli spettacolari arresti ai danni del crimine organizzato dilagante dopo la Grande Depressione del 1929; la cattura e l'uccisione di John Dillinger ad opera di Melvin Purvis (obbligatorio visionare Nemico Pubblico di Michael Mann per ottenere un quadro d'insieme); la gestione del rapimento di Baby Lindberg. Questi alcuni dei temi storici affrontati con grande dovizia di particolari nei dialoghi incalzanti; merito di una sceneggiatura magistrale; opera di Dustin Lance Black, già sceneggiatore per Milk : curioso che un mormone rediga in meno di quattro anni due scritti sull'omosessualità.
L'intento di Eastwood non è quello di costruire una cronaca rigorosa di J.E.Hoover bensì di illustrarci chi è J.Edgar: un uomo dalla personalità estremamente complessa, un'affilata mente politica capace di tenere in pugno ben otto presidenti americani ma anche un ragazzo in perenne lotta con le sue fragilità interiori opportunamente represse da un complesso di Edipo grande come la Casa Bianca.
Clint Eastwood è maestro nell'introspezione sui suoi personaggi palesando la sua dote migliore con la delicata bellezza delle sue immagini, che trova soprattutto espressione quando assistiamo alle scene di intimità , e J.Edgar non è scevro da questa dinamica. La cena privata a casa dell'amico Clide meriterebbe di per se stessa un Oscar. 
La visione e l'ideazione di J.Edgar possono quindi offrirci un ulteriore tassello per costruire e comprendere la poetica cinematografica dell'Eastwood-regista: un uomo estremamente attratto dalle figure forti, arcigne, rocciose e spigolose; ma che in realtà sono in grado di racchiudere nel proprio Io un oceano complesso di emozioni in grado di rendere tangibilmente umani i personaggi da lui concepiti. 
In questo Walt Kowalsky di Gran Torino, Frank Dunn di Million Dollar Baby e J.Edgar rappresentano una sorta di archetipo per il regista, che indubbiamente riversa nelle sue creature le influenze dell'Eastwood-attore (due volti della stessa medaglia), capace di ruoli eccelsi come l'uomo senza nome nella trilogia del dollaro di Sergio Leone.
In ultima analisi, J.Edgar emoziona e pone una nuova tacca sul cinturone dei successi del maestro Eastwood.

Stelle (da 1 a 4) = 3 e 1/2

martedì 24 gennaio 2012

Shame


Shame, ( UK 2011 , 99 ' )

Regia: Steve McQueen
Genere: drammatico
Interpreti: Michael Fassbinder; Carey Mulligan; James Badge Dale; Nicole Beharie

Brandon ( Fassbinder ) è un brillante uomo in carriera che vive a New York ed ha un perfetto appartamento da yuppie del 2000; inoltre Brandon soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo che lo fa continuamente pensare ed agire in funzione del sesso. Succede quindi che la sua routine sia scandita da notti bollenti passate fra cosce a pagamento, riviste pornografiche, DVD di dubbio gusto e nel cercare spasmodicamente il coito (molto spesso autoprodotto) nel bagno dello studio durante la pausa caffè.
La vita di Brandon viene improvvisamente turbata con l'arrivo sorella minore Sissy (Mulligan), bisognosa di un posto dove dormire e di una spalla fraterna su cui piangere e che ben presto non tarderà a testare il talamo di Brandon nientemeno che con il suo capo David (Badge Dale).
Finale aperto per una storia di desolazione, solitudine e sofferenza interiore dove non si lascia spazio alla riflessione ed in cui i frenetici ritmi della città non aiutano i protagonisti ad avvicinarsi e parlare. 
Le scene ci sbattono in faccia i più brutali istinti autolesionisti che non hanno tempo e che si consumano in taglienti bagni troppo bianchi, asiatiche alcove, oscuri anfratti rosso porpora dove una fellatio viene eseguita in maniera non ortodossa oppure mentre si fa una tenaglia al bar davanti a tutti con la facilità con cui si si beve un Martini. Triste Liza Minelli dei giorni nostri ( ascoltare e vedere per credere ).
McQueen torna alla sua seconda esperienza lavorativa con Fassbinder dopo "Hunger" del 2008 e conferma la perfetta empatia costruita fra i due dimostrando che la qualità della recitazione va come sempre ben oltre il dialogo e che il vero banco di prova per un attore non sono le battute bensì la mimica facciale. Pienamente meritata la Coppa Volpi di Fassbinder di quest'anno alla Mostra del Cinema di Venezia; d'altro canto il giudizio dell'opera di McQueen non può focalizzarsi soltanto sulle grandi doti dell'attore.
Il collaterale punto di forza della pellicola, in grado di farci introiettare nella mente di Brandon, risiede certamente nella scelta del regista di basare quasi tutte le scene sui primi piani di lunga durata, quasi di una violenza inaudita. 
Plauso al direttore della fotografia, Sean Bobbit ( ! ), il quale ha saputo conferire ad una città caotica e mai quieta come New York una valenza "europea" più adatta agli scenari drammatici, e lo fa grazie ad una completa alienazione dei luoghi in cui si svolgono le vicende di Brandon: non è NYC, Brandon è ovunque. 
L''intento è certamente quello di denunciare una realtà difficile a tutt'oggi ancora taciuta per vergogna o ignorata, tuttavia la sceneggiatura non presta il giusto mordente ad un soggetto che invece avrebbe rabbia da vendere proprio perchè affronta una tematica attuale e nuova, figlia dell'iperstimolazione di internet e dell'era digitale.
Il plot semplicemente non si svolge; non assistiamo a punti di cambiamento focale nella vita di Brandon alla quale lo spettatore assiste senza poter attuare la consueta catarsi che è insita in ogni dramma.
Niente svolte, soltanto un finale aperto che McQueen poteva risparmiarsi.

Stelle (da 1 a 4) = 2 


sabato 21 gennaio 2012

Aspettando "Lo Hobbit"

                                    

Il fermento sul web cresce alla velocità della fibra ottica diffondendo l'ansia dell'attesa sulle pagine di ogni blog dedicato o sui profili facebook di chi davvero non riesce a fare a meno di attendere l'uscita del nuovo film di Peter Jackson: Lo Hobbit.
Questo romanzo si colloca nella sconfinata galassia fantasiosa della produzione di J.R.R.Tolkien e narra la catena di eventi che precedono le vicende della trilogia del Signore degli Anelli. 
La storia incomincia nel modo più tranquillo possibile, Bilbo spippacchia la sua erba sull'uscio di casa quando arriva Gandalf che gli propone di prendere parte ad un' avventura, lo hobbit esita in un primo momento di fronte alla proposta dello stregone dicendo che gli hobbit sono gente tranquilla, non avvezza alle avventure, da lui definite "Brutte fastidiose scomode cose". Tuttavia il giorno dopo fa la conoscenza di un gruppo di nani cappeggiato dal famosissimo Thorin Scudodiquercia e 12 amici, che se elencanti in sequenza sembrano una formula magica degna del miglior Mago Otelma: Balin, Dwalin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bifur, Bofur e Bombur.
La faccenda prende una brutta piega per Bilbo che si ritrova tutti questi ospiti in casa e si ritrova irrimediabilmente impelagato in questo viaggio inaspettato.

All'indomani dell'enorme successo ottenuto da Peter Jackson con la trilogia del Signore degli Anelli, subito il pubblico ed i media si sono interrogati riguardo all'eventualità di realizzare l'adattamento de Lo Hobbit in due parti, le quali sarebbero uscite rispettivamente a dicembre 2011 e a dicembre 2012 tramite la New Line Cinema e la Warner Bros. A seguito dei ritardi riportati dalla situazione finanziaria della MGM, le case di produzione hanno posticipato l'uscita dei due film a dicembre 2012 e a dicembre 2013. Nel corso del 2011, Jackson ha rivelato il titolo della pellicola, The Hobbit: An Unexpected Journey.
La sceneggiatura del film è stata scritta da Peter Jackson, Fran Walsh, Guillermo del Toro e Philippa Boyens


Jackson ha parlato della prima parte della storia descrivendola più "divertente e avventurosa" (ovvero simile a quella descritta nel romanzo originale), mentre la seconda più "drammatica ed epica" con uno stile di narrazione tipico de Il Signore degli Anelli. Contrariamente al romanzo, il film e il suo seguito avranno molti collegamenti e riferimenti alla trilogia ideata da Jackson, come ad'esempio la presenza di Ian Holm ed Elijah Wood all'inizio del film, rispettivamente nei ruoli di Bilbo anziano e di Frodo Baggins. La trama, inoltre, è stata estesa con fatti presenti in altre opere di Tolkien e nelle sue interminabili appendici ai libri.
Insomma, Peter Jackson ha le carte in regola per poter snocciolare un nuovo blockbuster di riferimento nel mondo della cinematografia fantasy.

Le prime dichiarazioni ufficiali provengono da Elijah Wood, in occasione del Sundance Festival del 2012.
Ecco alcune delle sue frasi riportate da un articolo uscito il 19 Gennaio scorso sul Salt Lake Tribune :

 “Ho già girato la mia parte. Sono stato sul set per un mese. In realtà non abbiamo impiegato molto per le mie scene. Si è trattato più che altro di farmi una piccola vacanza e incontrare vecchi amici”.
“Erano passati 11 anni da quando avevo messo piede a Hobbiville. Ho compiuto 19 anni lì. E’ pazzesco. Ero sulla collina a guardare gli smial e ho pensato, ‘Ho compiuto 19 anni proprio qui e adesso ne ho 30′. E’ stato stranissimo. E molti dei vecchi componenti della troupe erano lì, il che ha reso tutto ancora più bizzarro. E’ stato come tornare indietro nel tempo. Davvero straordinario”.


Inoltre l'attore ha avuto modo di tranquillizzare i fedelissimi puristi del romanzo fantasy, che come al solito non hanno tardato a farsi sentire circa la presenza del personaggio di Frodo in una scena del film:
 “E’ una scena adorabile, molto adeguata. Hanno gestito la cosa in modo intelligente, è una bella aggiunta alla storia”.
Non resta che aspettare dicembre 2012 per intraprendere con il giovane Bilbo il suo viaggio inaspettato.






venerdì 20 gennaio 2012

Sogno o son mesto?


L'attualità del Sogno, l'emozione del surreale che diventa scena e ci trasporta in mezzo al mare dell'inconscio si fa beffe del nostro presente e ci ricorda quanto era più bella un'era in cui il cinema era poesia.

Grazie Federico.








lunedì 16 gennaio 2012

Le idi di marzo

Le idi di marzo, ( USA 2011 , 98 ' )Regia: George Clooney
Genere:drammatico
Interpreti:Ryan Gosling, George Clooney, Evan Rachel Wood,Marisa Tomei, Philip Seymour Hoffman,PaulGiamatti,Jeffrey Wright

Stephen Meyers ( Gosling ) è un giovane e brillante addetto stampa per la campagna elettorale di Mike Morris ( Clooney ), governatore della Pennsylvania e candidato democratico alla presidenza, in competizione contro il senatore dell'Arkansas Ted Pullman. I candidati sono in campagna elettorale in Ohio, ed entrambi i loro staff stanno cercando di ottenere l'approvazione del senatore democratico della Carolina del Nord Franklin Thompson, che può far ottenere a uno dei due candidati la vittoria alle primarie.Il geniale talento politico di Stephen verrà posto alla mercè di due navigati organizzatori di campagne fra loro contrapposti dal modo di agire ma uniti dal medesimo colore politico: da una parte Paul   ( Seymour Hoffman ) al servizio di Morris e dall'altra Tom ( Giamatti ) al servizio di Pullman. Uno scandalo sessuale complicherà gli eventi.Clooney si ripete confermando le sue grandi doti realizzative di regista nel momento in cui si cimenta con un ben preciso genere di cinematografia molto caro all'artista americano: quello della denuncia e dell'impegno civile. Il talento del giovane Gosling convince, belloccio ma con gli artigli, ne vedremo delle belle in futuro ; a sorreggere il protagonista un cast robusto che conferisce struttura alla recitazione. Seymour Hoffman e Giamatti riescono a creare realtà in qualunque situazione: ormai consacrati nell'olimpo dei grandi.Tutti gli uomini di George Clooney.
Plot ben articolato che si sviluppa nei tempi giusti; precisa inquadratura delle caratteristiche dei personaggi attraverso una sceneggiatura stringente del tutto focalizzata allo svolgimento dei dialoghi.
Niente fronzoli in una pellicola in cui la fanno da padrone i contenuti politici.
Il regista ripete assolutamente la soddisfacente performance di Good Night, and Good Luck del 2005 presentato a Venezia.Assolutamente dovuto lo spunto di riflessione sulla figura del governatore Morris, chiara trasposizione nel reale dell'attuale presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Clooney non esita a dimostrare la sua delusione ed il suo diasappunto nei confronti di un Presidente che da tutti era stato investito di una valenza messianica e che invece ha dimostrato l'inconsistenza delle sue tematiche attraverso una serie di fallimenti.
Ben fatto. Quadrato.

Stelle (da 1 a 4) = 3 e 1/2

The Tree of Life

The Tree of Life, ( USA 2011 , 138 ' )
Regia: Terrence Malik
Genere: drammatico
Interpreti: Brad Pitt, Sean Penn, Jessica Chastain


Famiglia texana standard degli anni Cinquanta, giovane middle class agli albori. Si assiste alla progressiva crescita di Jack: dall'innocenza e dalla bellezza della vita sperimentata nell'infanzia, alla prima adolescenza segnata da un padre eccessivamente spartano sino alla disillusione dell'età adulta. Nell'anniversario della morte del fratello intraprenderà un cammino interiore per comprendere il significato della vita e raggiungere la riconciliazione con il padre.Le facoltà comunicative sviluppate dalla regia vanno ben oltre i canoni della cinematografia contemporanea.Il focus della pellicola non vede il suo impianto portante nella narrazione e negli sviluppi degli effetti della trama; bensì nella continua creazione di un' iconografia emozionale e sensoriale, specchio dei ricordi e dei sentimenti di Jack.Avvicinandoci in punta di piedi alla poesia visiva di Terrence Malick si riesce a scorgere un punto di riflessione che trae spunto dalle vicissitudini di Jack per spiccare il volo verso vette speculative più alte: il mito della creazione e della fine del mondo passando per la sua eterna palingenesi; la speranza ancestrale della vita dopo la morte; la redenzione.Le immagini scelte dal direttore della fotografia Emmanuel Lubezky ( già collaboratore di Malick nel 2005 per The New World ) mutano radicalmente la loro funzione rispetto alla cinematografia convenzionale: non sono più fruibili passivamente in quanto portatrici di un contenuto pre-confezionato bensì devono essere considerate come un punto di partenza per le riflessioni e le emozioni del pubblico tentando un esperimento di empatia estrema col regista.Si attinge a piene mani e senza veli a "2001:Odissea nello Spazio" ed all'ultimo capolavoro di Clint Eastwood "Hereafter", soprattutto nel finale.Al di là della bellezza dell'opera, meritatamente insignita con la Palma d'Oro a Cannes nel 2011, gli intenti del regista devono comunque fare i conti con una eccessiva soggettività che non sempre coinvolge il pubblico. E' necessaria una certa serenità per poter apprezzare pienamente la pellicola; il rischio ipnotico è dietro l'angolo.Probabilmente il mondo sta osservando la genesi di un nuovo modo di concepire il cinema e per questo, forse, ancora non siamo del tutto pronti.Poetico.

Stelle ( da 1 a 4 ) = 3

Il cigno nero

Il cigno nero, ( USA 2010 , 108 ' )
Regia: Darren Aronofsky
Genere: drammatico
Interpreti: Natalie Portman, Mila Kunis, Vincent Cassel, Wynona Rider, Barbara Hershey

A New York una compagnia di balletto sta allestendo Il lago dei cigni. Il direttore della compagnia, Thomas Leroy ( Cassel ) decide di sostituire la prima ballerina Beth ( Rider ), iniziando una nuova selezione per il ruolo principale. Ben presto il campo si restringe a Nina ( Portman ), brava ma poco espressiva, e Lily ( Kunis ), meno precisa ma molto più sensuale.Il ruolo richiesto alla prima ballerina in questo spettacolo è molto complesso poichè ne "Il lago dei cigni" è infatti previsto che interpreti sia l'innocente Odette (cigno bianco) sia la seducente Odile (cigno nero).
Nina è una ragazza fragile ed insicura; è vittima di una madre iperprotettiva e frustrata per la carriera artistica che non ha mai avuto.La ballerina inizia così un calvario psicologico che la porterà, al termine di una dolorosa introspezione, a guardare allo specchio il lato oscuro di se stessa.
Aronofsky presenta al pubblico due laghi dei cigni; Nina-Odette contro Lily-Odile.
Il parallelismo è molto avvincente nelle prime fasi di sviluppo della trama, tuttavia nella coda della vicenda diventa troppo stringente lasciando lo spazio alle visioni deliranti di Nina e soffocando l'eventualità di qualche colpo di scena.
Le tinte dark dello psicodramma di Aronofsky sono volutamente scarne; i colori delle scene denotano una violenza visiva molto accentuata in accordo con il soggetto della trama.
Nonostante ciò il gioco dei doppi e degli ambigui non decolla ed il pubblico metabolizza immediatamente lo schema evolutivo della triste vicenda umana della protagonista. Il plot non convince.
Questa grave falla nella progettazione della pellicola viene chiaramente dimostrata dal fatto che Il cigno nero conquista una sola statuetta sulle cinque nomination ricevute.
Natalie Portman si aggiudica l'Oscar come miglior attrice del 2011 lasciandoci senza parole in una magistrale interpretazione di un personaggio assai complesso che richiede forti capacità di controllo della parte. Assolutamente non da tutti.


Stelle ( da 1 a 4 ) = 2 e 1/2

Il Grinta

Il Grinta, ( USA 2010 , 110 ' )

Regia: Joel Coen, Ethan Coen
Genere: westernInterpreti: Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Hailee Steinfeld, Barry Pepper, Domhnall Gleeson, David Lipman


Ai confini dell'universo coloniale conosciuto, in una terra di confine che lambisce la silente Nazione Indiana, la piccola Mattie Ross ( Steinfeld ) assiste inerme al brutale omicidio del padre per mano di Tom Chaney ( Brolin ). La treccioluta ragazzina ha "grinta" da vendere ed ingaggia in paese lo sceriffo monocolo Reuben J. "Rooster" Cogburn ( Bridges ) la cui insaziabile fame di caccia al bandito è soltanto pari alla sua insaziabile sete d'alcol.Alla coppia si aggiunge il signor La Boeuf ( Damon ) , Texas Ranger anch'esso sulle tracce di Chaney per l'omicidio di un senatore nello Stato della Stella Solitaria.Inevitabile il paragone con l'omonimo film del 1969 diretto da Hathaway e che decretò l'unico premio Oscar di John Wayne: se si considerà il romanzo di Charles Portis da cui è tratta la storia si può tranquillamente affermare che la versione dei Coen del 2010 è certamente più fedele della sua antesignana.Con questo film si chiude il cerchio che disegna il percorso logico della talentuosa coppia di registi contemporanei intrapreso con "Non è un paese per vecchi" del 2007.Il punto di partenza è il western dei Coen caratterizzato dalla contemporaneità e dalla violenza che supera ogni tempo ed ogni percezione dello spazio ( reale ed onirico ). Il punto d'arrivo è il western convenzionale ad uno stadio primordiale; ancor prima delle contaminazioni di Sergio Leone. Il prezzo è la poca originalità."Il Grinta" del 2010 sancisce dunque una netta linea di demarcazione fra le due visioni coeniane di questo genere. Il risultato è che la violenza non ha tempo: il baratro dell'atroce solitudine di una morte è identico nel suo attuarsi sia in un motel texano sia in uno sperduto capanno dell'Arkansas.Bridges più che stupire conferma; i baffuti Damon e Brolin piacciono ma la vera rivelazione è la straordinaria padronanza del personaggio dimostrata dalla giovanissima Steinfeld solo quindicenne.Ultimo plauso da attribuire a Roger Deakins, direttore della fotografia già artefice delle immagini di notevoli capolavori come "Il grande Lebowski" ( 1997 ), "Non è un paese per vecchi" ( 2007 ), "Revolutionary Road" ( 2008 ).In un genere come il western la fotografia è circa tre quarti della pellicola.Indiscutibili le dieci nominations all'edizione del Premio Oscar.

Stelle ( da 1 a 4 ) : 3 e 1/2

Parto col folle

Parto col folle, ( USA 2010 , 100 ' ).

Regia: Todd Phillips
Genere: commedia
Interpreti: Robert Downey Jr., Zach Galifianakis, Michelle Monaghan, Juliette Lewis, Lamie Foxx

Peter Highman ( Downey Jr. ) è un brillante architetto di successo che sta per tornare a casa per fare compagnia all'adorata mogliettina ( Monaghan ) munita di pargolo in arrivo. Purtroppo all'aeroporto la sua valigia viene confusa con quello di Ethan Tremblay ( Galifianakis ) pervaso dalla geniale idea di trasportare nel suo bagaglio a mano marijuana come fosse un pacco di biscotti della nonna. Peter ed Ethan vengono fatti scendere dall'aereo e quest'ultimo si offre di accompagnarlo a Los Angeles con una macchina a noleggio. Questo è l'incipit di un aviaggio surreale attraverso gli States tempestato di gag e dialoghi assurdi fra due mondi diamentralemnte opposti: la precisione maniacale di Peter e la sua aggressività; la completa disconnessione dal mondo di Ethan. E' tutto un tripudio di gratuita violenza a rotelle condita da una giusta dose di funereo caffè.
Todd Phillips, stesso regista di "Una notte da leoni" del 2009 ( ed ora in procinto di sequel ), è maestro del comico-grottesco contemporaneo e "ri - utilizza" il suo rodato feticcio Galifianakis per dare un volto alle sue idee; Robert Downey Jr poco credibile nei panni del colletto bianco.
Il film scorre senza fatica verso la fine e i tempi morti che minacciano la mal riuscita della pellicola vengono facilmente resi piacevoli dalla scenografia naturale ed antropologica dell'America on-the-road, sempre ricca di nuovi emozionanti scenari.
Un'ora e quaranta a cuor leggero, lontano dalle elugubrazioni mentali del giorno passato.

Stelle ( da 1 a 4 ) = 2